24 anni e un sogno: portare la refrigerazione in Africa. Un Architetto italiano è partito con un frigo che cambierà molte vite

 

camerunvillaggioDa Bergamo alla foresta del Camerun. Non è mai troppo tardi e mai troppo presto per fare la propria parte. Emanuele Minicuci, ventiquattrenne italiano di Redona ha dato il via ad una grande avventura. E’ partito per Bangang, villaggio camerunense privo di acqua e energia elettrica. La parte più grande del suo bagaglio sarà un frigo fotovoltaico e la sua mission insegnare ai locali la sua costruzione.
La catena del freddo in Africa. Se ne parla molto ma anche in questo caso contano le idee che diventano azione.
Emanuele non è solo in questa avventura. Il progetto gli è stata affidato dalle Nazioni Unite e dal centro Acrest (African Center for Renewable Energy and Sustainable Technologies).
Come nasce l’avventura?
Minicuci studia Architettura al Politecnico di Milano. Aderisce al progetto Polisocial, programma di impegno e responsabilità sociale del Poli.
All’interno del progetto sceglie un filone, un obiettivo: portare la sanità dove la corrente non arriva.
Siamo infatti abituati a pensare che la refrigerazione serva solo per cibi e bevande, dimenticando la funzione essenziale per la conservazione di farmaci e vaccini.
“Lo studio ha affidato a me il progetto perchè sapevano della mia abilità con il legno; – racconta Emanuele a BergamoNews – si tratta di una scatola di dimensioni 120x120x120, con 30 centimetri di parete e un ambiente stagno da 70 litri all’interno: funziona con un modulo fotovoltaico ideato dal professor Claudio Del Pero, docente di Fisica al Politecnico”.
“La parte difficile – prosegue – è stata fare un ragionamento con materiali poveri di quella zona del Camerun ma che ovviamente io non avevo a disposizione qui in Italia: calcolare la trasmittanza, studiare la coibentazione del frigorifero. Alla fine ho trovato un particolare tipo di bambù che, invece di avere canne vuote, all’interno ha una specie di midollo: la parte rigida della canna viene usata per costruire la scatola esterna mentre questo midollino fa da isolante. In questo modo tagliando una sola pianta posso assolvere a tutte e due le funzioni. In Camerun è molto sviluppata l’agricoltura: il frigorifero sarebbe acquistabile inizialmente solo dai commercianti che in quel modo potrebbero portare al mercato i propri prodotti per più di un giorno. Ma soprattutto per la conservazione delle medicine: per lo stesso motivo a febbraio un modulo rivisitato del frigorifero è stato spedito ad Haiti per le popolazioni terremotate”.
“Avevamo a disposizione – racconta Emanuele – 46 chili di valigia e uno zaino: la scelta ovviamente è stata quella di imbarcare tutto il materiale di ferramenta che ci servirà per il taglio e la lavorazione del legno e per la costruzione del modulo in loco. Nello zaino ho messo 3-4 cambi: non so se basteranno per le due settimane di permanenza visto che in questa stagione il Camerun è tormentato dalle piogge”.
“In quella zona – conclude – la popolazione è sostanzialmente bilingue: parlano un pessimo inglese e il francese, che nessuno di noi però conosce. Ci faremo aiutare un po’ da alcuni meccanici americani che operano nella stessa zona per l’Onu e potranno farci da interpreti e un po’ ci arrangeremo a gesti. Avrò un vero e proprio team al seguito: impareranno a tagliare il legno e a costruire la struttura, poi a montare il pannello fotovoltaico”.

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