Tutti ricorderemo i gravi incidenti alla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi a seguito del terremoto – maremoto del Tōhoku dell’11 marzo 2011.
Gli impianti di raffreddamento del nocciolo nucleare si spensero a seguito del terremoto e quelli di emergenza vennero parzialmente resi inservibili dall’onda di maremoto. Il surriscaldamento produsse la scissione dell’acqua generando grandi quantità di idrogeno che esplose in 4 dei 6 reattori causando l’unico incidente nucleare della storia, unitamente a Černobyl’, ad essere classificato al 7° grado della Scala Ines.
Tutt’ora il livello di pericolosità e di dispersione di materiale radioattivo è alto. Le crepe nelle vasche di contenimento causate dal terremoto fanno si che l’acqua di raffreddamento penetri nel terreno finendo poi per confluire nell’oceano, poco distante dalla centrale.
Altra differenza rispetto al tristemente celebre Černobyl’ è l’impossibilità di sigillare il materiale radioattivo dentro ad un sarcofago in un breve lasso di tempo. Alcuni robot appositamente progettati sono stati resi inservibili in poche dall’altissimo livello di radiazioni.
Le stime indicano una contaminazione che potrebbe durare dai 10 ai 20 anni, con un tasso significativo di imprevedibilità riguardo il percorso della massa d’acqua contaminata che da un lato si riversa nell’oceano e dall’altro va a colpire le falde freatiche della regione.
L’ultima soluzione individuata per bloccare la dispersione delle acque è una lunga e profonda barriera di ghiaccio.
La mossa estrema del governo giapponese e della Tokio Electric Power Company (TEPCO) è quindi una barriera congelata lunga 1,5 chilometri che atta a contenere l’acqua radioattiva , le cui tracce sono state già rilevate sulla costa del pacifica degli Stati Uniti d’America.
Il muro di ghiaccio che costerà 35 miliardi di yen (300 milioni di euro) verrà alimentato da giganteschi tubi di refrigerazione piantati a 30 metri di profondità nell’area che divide la centrale dall’oceano, quella a più alto rischio di contaminazione.