Lettera dell’ Ing. Giovanni Piola – Rivoluzione dei Refrigeranti

Bombole_Star_Cold_Rivoira_LD_FILEminimizer_Lettera dell’ Ing. Giovanni Piola trasmessa alla redazione di Industria & Formazione a commento del convegno sulla Rivoluzione dei Refrigeranti

Caro Direttore,

il Convegno ha avuto molto successo, come sempre capita, per i Convegni organizzati dal Centro Studi Galileo.

Sono intervenuti importanti ed attenti studiosi della materia, italiani e stranieri.

Mi permetto, qui, di allegare alcuni commenti.

Si è discusso di freddo artificiale; l’argomento, per ragioni  ereditarie , è alla mia attenzione da sempre, per l’attività di famiglia, e per l’importanza che il freddo ha nella vita dell’uomo.

Più del 60% in peso di tutti i prodotti alimentari necessitano del freddo per la trasformazione, la conservazione il trasporto e la distribuzione.

La scoperta del freddo e la sua applicazione per la conservazione degli alimenti, e’ una pratica altrettanto importante e forse altrettanto antica quanto e’ stata la scoperta del fuoco per cuocerli.

La tecnologia della produzione del freddo artificiale, di data abbastanza recente, e’ una delle più importanti invenzioni che hanno contribuito allo sviluppo sociale ed al benessere della specie umana.

La conservazione dei prodotti alimentari per mezzo del freddo, la surgelazione per una lunga conservazione, il trasporto alla giusta temperatura, sono un contributo determinante per garantire e differenziare il fabbisogno alimentare di intere regioni del pianeta, permettendo di trasferire alcuni alimenti necessari all’uomo, o anche solo per soddisfare la sua golosità, in luoghi ed in tempi molto lontani dal luogo e dal momento della produzione o raccolta.

Il freddo è un contributo notevole allo sviluppo di regioni o intere nazioni produttrici di beni primari dell’agricoltura, o della pesca che, grazie alla tecnologia frigorifera, hanno valorizzato le loro risorse, la trasformazione in loco, l’esportazione ..

Il Convegno sulla Rivoluzione dei Refrigeranti, ha quindi sollecitato la mia curiosità, per conoscere di cosa si trattava

– se di una riduzione del peso di refrigerante per produrre la stessa quantità di freddo, studio già ampiamente discusso in questi ultimi anni,

– oppure una effettiva riduzione del numero di refrigeranti utilizzabili.

Si è trattato del secondo caso.

Con grande soddisfazione personale, quasi la totalità delle relazioni presentate hanno confermato la mia convinzione che, al momento, i refrigeranti ritenuti per parecchie ragioni, ancora validi, sono i refrigeranti naturali, ed in particolare ammoniaca e anidride carbonica.

La mia convinzione è supportata sia come cultore della materia, ed ancor più per una frequentazione “ famigliare “ con i refrigeranti naturali.

Io ricordo che per produrre il ghiaccio nella fabbrica di famiglia a Torino, c’erano  compressori orizzontali azionati da pulegge ben più alte di me, che, a me, bambino, sembravano enormi.

Questi compressori utilizzavano anidride carbonica come gas refrigerante, ma purtroppo presentavano alcuni  problemi ( così mi diceva  papà ) a causa delle continue perdite di gas dovute all’alta pressione di lavoro, alla mancanza di materiali che resistessero a quelle alte pressioni, per cui occorrevano spessori e conseguenti pesi notevoli per  macchinario ed accessori; c’erano frequenti fughe dai premistoppa dell’albero rotante e dai rubinetti; non c’erano  strumenti per verifcare se e dove c’erano  perdite, e trattandosi di refrigerante inodoro,  ci si ritrovava talvolta, per la scarsa possibilità di controllo,  con l’impianto quasi vuoto di gas.

Ora, a parte le strutture e gli accessori necessariamente resistenti per sopportare le elevate pressioni, queste deficienze che penalizzavano l’utilizzo dell’anidride carbonica sono state superate; anche gli impianti a CO2 meritano un grande sviluppo.

Continuando ad esporre la mia esperienza, il nostro impianto venne trasformato da mio padre  (non so in quali anni ) ad ammoniaca, con compressori più piccoli e più leggeri e quindi sistemabili anche  su opportuni soppalchi; con pressioni di lavoro pari ad un decimo delle pressioni degli impianti a CO2; maggiore facilità di lubrificazione, maggiore resa, anche se più….profumato.

Ma questo difetto, l’odore pungente ed irrespirabile dell’ammoniaca è proprio una caratteristica ed importante “qualità” di questo refrigerante.

A questo proposito, nel corso di una Conferenza sui fluidi  refrigeranti tenutasi parecchi anni fa, non ricordo dove, il Presidente della YORK REFRIGERATION introducendo l’argomento ammoniaca esordì con le parole:

AMMONIA IS A SELF DENOUNCING GAS.

La pratica lo conferma: ci sono state  più vittime con gas inodori ( tipo FREON o altri refrigeranti sintetici inodori, e proprio per questa ragione non avvertibili o avvertiti troppo tardi ) che con l’ammoniaca.

In più di ottanta anni di attività, come fabbrica di ghiaccio e  mgazzino frigorifico, non abbiamo avuto alcun problema in assoluto, ed in particolare a causa del refrigerante utilizzato, sia  anidride carbonica che ammoniaca.

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A quei tempi gli effetti collaterali denunciati dal Protoollo di Montreal non si conoscevano ; il riscaldamento terrestre si credeva dovuto solamente al sole.

Ovviamente, come accennato prima, faccio riferimento alla mia esperienza personale, di un impianto industriale, dove c’è molto gas ma dove c’è anche personale preparato alle emergenze, al controllo ed immediata eliminazione di eventuali guasti, di perdite di gas, di aumenti anomali delle pressioni di lavoro, e con una particolare attenzione alla efficienza dell’impianto e quindi ai consumi di energia elettrica.

Ma, per i milioni ( miliardi ? ) di impianti domestici, commerciali, montati su autoveicoli, cosa si può dire ?

Nel caso di buona parte di piccoli impianti funzionanti con gas inodori, non c’è alcun segnale immediato per quanto concerne le perdite di fluido.

Ci si accorge dopo accurati controlli, che ci sono fughe di fluido, che quindi si diffonde inavvertito nell’ambiente e lo avvelena.

E’ quindi necessario prendere accorgimenti preventivi, e inventare nuovi fluidi che, o siano inerti per l’ambiente, oppure siano in qualche modo facilmente avvertibili per intervenire con prontezza e chiamare un tecnico, e che siano termodinamicamente sempre più efficienti, per risparmiare energia, e ulteriore causa di inquinamento atmosferico.

Non è una impresa facile, che richiederà del tempo per realizzarla.

Per questa ragione a quasi ottanta anni sono sempre più “innamorato ” dei refrigeranti naturali, che esistono già in natura, sono già sperimentati da più che un secolo e mezzo, e, fattore non trascurabile, che costano poco.

Si tratta di sperimentare le condizioni ( la loro Termodinamica non si può cambiare ) alle quali rendano di più.

A sostegno dei refrigeranti naturali, spendo ancora due parole per un accenno alla loro storia e conseguentemente alla storia      del freddo artificiale.

Sembra che il termine “refrigerare “ venne utilizzato per la prima volta ad opera dello spagnolo Blas Villafranca, medico  a Roma in un suo lavoro del 1550  “ Methodus refrigerandi ex vocato salenitro vinum aquamque”; ( sistema per raffreddare vino ed acqua con soluzioni di salnitro ), metodo già sperimentato dall’italiano Zimara a Padova e riportato in un suo lavoro  intitolato “Problemata” che descrive come ottenere una soluzione fredda sciogliendo salnitro ( nitrato di potassio ) in acqua.

L’utilizzo di miscele refrigeranti, che sfruttano le proprieta’ di alcuni sali che, sciogliendosi in acqua provocano un’ azione endotermica, puo’ considerarsi come un primo passo per la produzione artificiale del freddo.

Occorre tuttavia attendere fino alla meta’ del 1700 per vedere realizzata la prima “macchina” per la produzione del freddo,ad opera dello scozzese William Cullen, medico, che,  partendo dalla osservazione che l’evaporazione dell’etere etilico si accompagna ad un abbassamento di temperatura, realizza un apparecchio da laboratorio in cui,  per evaporazione di acqua sotto vuoto ,si ottiene la produzione di un po’ di ghiaccio.

Il primo fluido frigorigeno fu dunque l’acqua.

Cullen presenta i suoi lavori in una memoria  “ Cold Produced by Evaporating Fluids” in uno studio più ampio intitolato “ Essay on Cold”.

Devono passare numerosi anni e approfondire  studi sul calore, la termometria, le proprieta’ fisiche chimiche dei gas, i meccanismi di passaggio da gas a liquido e viceversa, la termodinamica con il contributo di vari scienziati e ricercatori quali Boyle, Gay Lussac, Faraday e Sadi Carnot prima che venga realizzato e perfezionato un vero compressore frigorifero che utilizzava quale fluido frigorigeno l’ etere etilico ( Perkins 1834- Twining 1850- Harrison 1855– F. Carre 1857 ) ed una macchina frigorifera ad assorbimento ammoniaca-acqua ( F.Carre’-1859).

Nell’ultimo quarto del secolo 1800 si diffusero le prime macchine frigorifere ; fra queste cito:

  • macchine a compressione-evaporazione di gas che possono essere facilmente liquefatti.
  • macchine ad espansione di aria precedentemente compressa.
  • macchine ad assorbimento.
  • macchine ad evaporazione di acqua sotto pressione ridotta.

L’ultimo tipo è stato praticamente abbandonato verso la fine dell’ ottocento.

Ma i primi tre tipi, nati in un lasso di tempo relativamente breve e cioè:

  • macchina a compressione-evaporazione di Perkins – 1834;
  • macchina ad espansione aria di Gorbie – 1844 ;
  • macchina ad assorbimento di F.Carre  – 1859

hanno continuato con alterni favori fino al 1900 quando, dopo l’introduzione dell’ammoniaca quale fluido frigorigeno, il sistema a compressione ha preso il sopravvento sugli altri due, che fino a quel tempo andavano per la maggiore.

Abbandonato l’etere etilico per la sua infiammabilita’ e tossicita’, provato ed abbandonato l’etere metilico per gli stessi motivi, i fluidi che dominarono per decenni sono stati in ordine cronologico:

  • l’anidride carbonica, CO2 , che, sperimentata la prima volta nel 1866 dall’americano Lowe, ebbe una diffusione notevole solo dopo il 1890 specialmente sulle navi; dopo il 1920 fu un poco abbandonata per le alte pressioni di lavoro, ma viene sempre più diffusamente riproposta ai giorni nostri per le sue proprieta’ ecologiche;
  • l’ammoniaca, NH3 , utilizzata per la prima volta nel 1872 dallo scozzese americano David Boyle in un compressore piu’ tardi perfezionato dal tedesco Linde nel 1876;
  • l’anidride solforosa, SO2 , utilizzata per primo dallo svizzero Pictet, fluido non infiammabile, autolubrificante ma corrosivo perché a contatto con l’umidita’ può trasformarsi in acido solforicoo; pertanto occorre isolare motore e compressore in un ambiente stagno;
  • il cloruro di metile, CH3Cl , utilizzato per la prima volta dal francese Vincent, che ebbe diffusione negli impianti commerciali e domestici poi abbandonato per i clorofluorocarburi.
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Questi fluidi hanno avuto fortune diverse; vantaggi e svantaggi termodinamici, teorici, tecnici e tecnologici, accompagnati da vantaggi e svantaggi pratici dovuti al grado piu’ o meno alto di tossicita’, infiammabilità,  esplosivita’.

L’ammoniaca, comunque, come fluido frigorigeno, era già stata introdotta da CARRE’ con un brevetto del 1859, perfezionato fino al 1863 con il sistema ad assorbimento e applicato a due utilizzazioni:

  • una “ domestica “ portabile, discontinua, che fabricava da 0,5 a 2 kg di ghiaccio, per ciclo, utilizzando come sorgente di calore del carbone di legna ( 3 kg per kg di ghiaccio )
  • ed una “industriale” continua,che aveva già tutte le  caratteristiche delle macchine ad assorbimento attuali, prodotta in 5 modelli; produceva da 12 a 100kg  di ghiaccio all’ora.

Fino al 1930 tuttavia tutti questi fluidi continuarono ad essere i soli utilizzati negli impianti frigoriferi industriali, commerciali e domestici,( questi ultimi, i ” frigidaires “, stavano facendo la loro apparizione nelle case più ricche).

Ogni fluido aveva un settore in cui era maggiormente utilizzato o completamente ignorato.

Intorno agli anni trenta l’industria americana presenta sul mercato una nuova generazione di fluidi frigorigeni, i clorofluorocarburi, HFC , primo dei quali fu il diclorofluorometano – R 12  che con il nome commerciale di  FREON 12 divenne il capostipite di tutta una serie con lo stesso nome e diverso numero, legato agli atomi di cloro, fluoro, carbonio.

Parve  di aver trovato il fluido frigorigeno per eccellenza: atossico, (fino ad un certo punto) non infiammabile, inodoro ( purtroppo) con buona resa, non corrosivo …

I FREON vennero e vengono utilizzati quasi in tutti i casi di necessità di freddo, anche in impianti industriali ( nonostante i prezzi ), ma essenzialmente negli impianti commerciali e domestici.

Per i grossi impianti, dominò e domina l’ammoniaca anidra.

Con l’ammoniaca però bisogna sapere come comportarsi e quali attenzioni prestare.

Per questa ragione è necessaria una  “ scuola “ che insegni ai tecnici i principi della Termodinamica e produzione del freddo ma che insista, fino alla pedanteria, sulla attenzione da prestare in ogni singola operazione.

Il Centro Studi Galileo soddisfa egregiamente questa missione.

Tutti i cinque sensi che la natura ci ha dato, devono essere attivati, quando ad esempio, si conduce un impianto frigorifico ad ammoniaca:

L’OLFATTO,     che ci avverte quando c’è una fuga, anche minima.

Il TATTO,     per una prima valutazione se la temperatua del tubo premente è adeguata e non troppo alta,il che potrebbe influire su una perfetta lubrificazione.

La VISTA,    per controllare i manometri di pressione e il  livello dell’olio nei compressori, di ammoniaca nel condensatore,  se la brina sui tubi è alla giusta consistenza nei punti non coperti dall’isolamento.

L’UDITO,      per valutare se i macchinari girano, come si dice, rotondi e, per i compressori a pistoni, se funzionano senza battiti di valvole, indice di ritorno di liquido e pericolo di rottura delle stesse

Il GUSTO,     per tenere a disposizione….un bicchiere di latte quando si eseguono manutenzioni che potrebbero provocare uno sbuffo di ammoniaca.

Queste sono le prime istruzioni che davo ai miei dipendenti, responsabili del mio industriale.

Principi generali che sono praticamente gli stessi per tutti i fluidi ed i macchinari a compressione di gas.

Al giorno d’oggi esistono numerose apparecchiature di controllo, di allarme, di arresti automatici e mirati, di regolazione dei livelli del fluido refrigerante, del livello dell’olio, della regolazione della potenza… per cui tutto è più facile e più sicuro.

Ma l’attenzione, quando si ricarica il fluido, si smonta un premistoppa, si apre un blocco motore, si stura un condotto intasato dall’olio sporco deve sempre essere presente; ed alcune operazioni converrebe farle addirittura in due.

Tornando all’argomento del Convegno, purtroppo non ero presente, e non conosco le sfumature dei vari interventi, però io lo definirei piuttosto che una rivoluzione, un radicale aggiornamento dell’elenco dei fluidi frigorigeni, del macchinario e delle apparecchiature per gestirli.

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La rivoluzione mi sembra un termine troppo  forte; per accezione proprio del termine, prevede un totale sconvolgimento, con cambiamento di tutto un sistema, con distruzione di ciò che c’era prima e rifiuto delle teorie e “mode ” precedenti; con una politica assolutamente nuova.

Nel caso oggetto del Convegno alcune sostanze chimiche, ed alcuni ” tradizionali elementi ” permangono inalterati accanto ai nuovi venuti o venturi.

Questo, mi pare infatti anche lo spirito che ha animato il Convegno, per quanto ho appreso dalle immagini e interventi ricevuti.

Non si può dimenticare infatti una storia di prove e riprove per produrre il freddo artificiale, che ancora oggi si fonda, necessariamnte, sugli stessi principi Termodinamici ed utilizza, ancora in parte le stesse sostanze, e gli stessi sistemi.

Il programma di lavoro, da ora al 2030, consiste in un coraggioso bando definitivo di alcuni refrigeranti, operazione che ha avuto inizio con l’applicazione del Protocollo di Montreal e dei  regolamenti successivi.

Gli Oratori che hanno partecipato al Convegno hanno affrontato tutti gli aspetti richiesti dal programma che io classificherei in tre punti:

1)  Riduzione al 21% del numero dei refrigeranti utilizzabili negli impianti, con riconferma di alcuni di essi e sostituzione di altri con refrigeranti più sicuri per l’ambiente.

Per il primo punto dopo una presentazione dell’ing. Buoni, sono intervenuti D.Coulomb, C.Rehin, J.Curlin, M.Masoero A. Cavallini, A.Essiad.

Da quanto ho sentito nel video YOUTUBE, il  prof. Cavallini è stato l’unico che ha indicato un refrigerante come possibile gas di sostituzione; ha citato un gas frigorigeno della serie olefinica HFO; non ho mai avuto occasione di sperimentarlo praticamente, ma mi pare, da quanto leggo, per le sue caratteristiche, che sia un’ottima soluzione per piccoli impianti e per il condizionamento di autovetture.

Le conoscenze scientifiche e l’esperienza del Prof. Cavallini sono una garanzia contro future sorprese, come purtroppoi si ebbero con gli HFC.

2) Macchinari e attrezzatura per l’utilizzo dei nuovi e vecchi refrigeranti ancora utilizzati.

Per il secondo punto, hanno fatto una chiara e attuale relazione  R. Savigliano, E. Macchi, C. Angelantoni.

Il Prof. Macchi ha insistito molto sulla necessità di inventare nuovi macchinari e accessori per adeguarli ai nuovi e vecchi refrigeranti ed in particolare per aumentarne, nei limiti imposti dalla Termodinamica, l’efficienza così da ridurne il consumo energetico.

3) Necessità assoluta di istruire i tecnici che devono condurre e mantenere gli impianti, valutando la loro esperienza, specialmente in casi di emergenza, la loro certificazione e il conseguente possesso del patentino, per garanzia verso i clienti, e che obbliga i tecnici e manutentori a essere responsabili delle loro prestazioni, penso anche di fronte alla legge.

Per il terzo punto che ritengo ESSENZIALE , e che è sviluppato in modo eccellente dal CENTRO STUDI GALILEO, hanno relazionato D.Coulomb, R.Savigliano, M.Masoero, E. Macchi, C.Angelantoni,. Caurlier, S. Yurex, K. Kelly, A. Essiad.

Ha concluso l’ing.BUONI facendo una panoramica di quanto è stato puntualizzato nel CONVEGNO.

Io sono convinto che un razionale utilizzo dei refrigeranti “salvati” costituisce già un’ ottimo risultato.

Le leggi della Termodinamica sono rigide e poco adattabili ai nostri ” capricci “; non possiamo cambiarle ; dove possiamo ancora intervenire sono i macchinari e gli accessori.

Questo è il compito degli ingegneri e dei tecnici che devono studiare e trovare materiali adatti per una perfetta tenuta negli accoppiamenti fissi e rotanti, e nei premistoppa dei rubinetti onde impedire perdite di fluido; per favorire lo scambio di energia nei condensatori ed evaporatori; per un puntuale controllo dei fattori di rischio.

Allora anche alcuni gas refrigeranti, ottimi termodinamicamente, come l’ammoniaca, possono essere tranquillamente utilizzati, se non proprio per la refrigerazione domestica, ed il condizionamento domestico ed automobilistico, a causa della cattiva fama dovuta all’odore che la caratterizza ed il panico che ne consegue, possono  essere utilizzati, con enormi vantaggi, oltre che per gli impianti industriali anche  in tutti gli impianti centralizzati di condizionamenta e raffreddamento commerciale.

TORINO 27 MAGGIO 2014

GIOVANNI PIOLA

Ho il dovere di informare che parte delle notizie storiche sono state prese dal libro di Roger Thévenot – Essai pour une HISTOIRE DU FROID ARTIFICIEL dans le monde – edito da  I.I.F.-1978. ed alcuni concetti più propriamente scientifici dal testo dei Professori Mattarolo e Cavallini.

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