Continua lo shopping denunciato da I&FOnline delle nostre migliori imprese di settore da parte di colossi stranieri. Recenti notizie ci confermano che l’ultimo caso è quello della Riello, storica realtà veneta produttrice di caldaie e climatizzatori. L’acquirente è il gruppo UTC Climate, Controls & Security, un colosso da 65 miliardi di dollari di fatturato (pari al PIL della Moldavia e del Niger) nota a tutti per il famoso marchio Carrier.
Il 68% del capitale sociale è già in mani americane ed esiste un opzione per le restanti quote che probabilmente verrà finalizzata nei primi mesi del 2016.
L’operazione, che cuba al momento 340 milioni di euro permetterà di sanare le posizioni aperte con i 7 istituti di credito (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Bpm, Veneto Banca e Bnp Paribas) che dettero fiducia al Patron Ettore Riello nel 2004 quando con una coraggiosa operazione decise di riprendere il controllo del colosso di famiglia, ceduto dal padre Pilade (uno dei tre fondatori insieme ai fratelli Giuseppe e Raffaello) al fondo Carlyle.
L’esposizione odierna ammonterebbe a 420 milioni che facilmente sarà saldata integralmente con la cessione della quota di minoranza ancora in mano della famiglia.
La “Officine Fratelli Riello” venne fondata nel 1922 e si sviluppò nei mercati internazionali a partire dagli anni ‘80 con importanti acquisizioni (Beretta, Thermital, Vokéra, Chauffage Français, Sylber) e l’apertura del primo stabilimento estero in America settentrionale.
Ross Shuster, Presidente delle Operazioni Internazionali del gruppo UTC ha dichiarato: “Crediamo che il gruppo Riello, con i suoi marchi ormai affermati e la sua offerta di prodotti, costituisca una piattaforma eccellente per l’espansione di UTC Climate, Controls & Security nel campo del riscaldamento in Europa. Siamo già un fornitore leader di soluzioni per il riscaldamento in Nord America attraverso diversi marchi. Crediamo che utilizzando il know-how dell’ingegneristica del Gruppo Riello, le sue capacità industriali e la professionalità altamente qualificata dei suoi dipendenti, vi sia un altissimo potenziale per aumentare la nostra presenza nel segmento a livello globale e per incrementare le sinergie con le attività già esistenti”.
Dobbiamo ancora una volta constatare con amarezza il frutto dell’estro, della creatività, dell’ingegno e della dedizione in salsa tricolore che continua la sua corsa in mani altrui. Una Nazione che non cura il suo apparato industriale non ha futuro. Una Nazione che vuole contare sullo scenario internazionale deve incentivare la sua industria, adattandola ai tempi e alle tecnologie. Con buona pace per quella classe politica inadeguata, supportata da un’opinione pubblica priva di consapevolezza, che vede il futuro dell’Italia nel turismo (che cuba il 7% del PIL!!!) e ci vorrebbe, al pari di chi quotidianamente fa shopping dei nostri migliori asset, un popolo di lavoratori dequalificati impegnati esclusivamente in attività di carattere ricettivo.