L’impegno delle Nazioni Unite per contrastare i cambiamenti climatici – Parte 2

mondo tra le maniProseguiamo con l’articolo di aggiornamento relativo alle azioni delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici. Ieri abbiamo analizzato i documenti emersi dai meeting. Oggi portiamo l’attenzione sulle forme del dialogo tra Nazioni Unite e Stati nazionali e su un commento di Helen Briggs, esperta in materia di cambiamenti climatici e corrispondente della BBC.
Le Nazioni Unite chiedono agli stati nazionali responsabilità affinchè la temperatura media della superficie del pianeta non aumenti più di 2C (3.6F) rispetto ai livelli pre-industriali. Occorre non superare questo livello, altrimenti la situazione potrebbe essere irreversibile.
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha confermato che il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato, parte di una tendenza costante del nostro tempo. Quattordici dei 15 anni più caldi della storia analizzabile sono stati rilevati negli ultimi 100 anni.
L’UNFCCC, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con sede a Bonn, in Germania, ha 196 costituenti. Da questa convenzione, che prevede aggiornamenti detti “protocolli”, nasce il Protocollo di Kyoto ben più famoso dell’UNFCCC stesso. Il suo obiettivo dichiarato è “raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico” ed è lo strumento ideale di confronto tra Nazioni Unite e stati nazionali.
Helen Briggs analizza come il testo concordato prima della fine della sessione, in uno stato d’animo descritto come “lo spirito di Lima”, sia più che raddoppiato in termini di dimensioni; gli argomenti sono tanti e pressanti e occorre discutere per giungere a Parigi preparati. Il lavoro è ancora lungo e la trattativa tra delegati e negoziatori ferve. Da un lato alcuni stati che ritengono dannosi per le proprie economie alcuni provvedimenti e dall’altro i negoziatori EU che cercano di “snellire” il testo e restringere le opzioni.
Il test politico fondamentale sarà il periodo da marzo a giugno, quando i singoli paesi annunceranno i loro piani di riduzione delle emissioni.
Ai prossimi colloqui sul clima nel mese di giugno, un reale progresso dovrà essere fatto per risolvere questioni come il finanziamento dell’accordo di Parigi e la garanzia che i paesi più poveri ricevano il sostegno di cui hanno bisogno per adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici: inondazioni e lunghi periodi di siccità.

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