Notizie nere par la Haier di Campodoro. I Cinesi chiudono lo stabilimento, a casa in 102.

imagePiù di cento famiglie in ginocchio e nessun margine di trattativa. La multinazionale aveva comprato la fabbrica di Campodoro nel 2001, investendo sullo stabilimento veneto per la produzione di frigoriferi.
Nell’incontro con i sindacati, svolto in Provincia di Padova, non ci sono stati spiragli di trattativa. Da Quingdao, regione dello Shandong, sono stati irremovibili. I rami secchi della multinazionale vanno tagliati, a partire dallo stabilimento italiano di Campodoro.
I passaggi saranno quindi la Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) e la conseguente cessazione dell’attività.
Non ci sta la FIOM, sigla alla quale aderiscono la maggioranza degli operai “licenziati”, che chiede un forte impegno delle istituzioni affinchè questa importante realtà produttiva venga salvaguardata e che denuncia inoltre poca attenzione da parte della dirigenza aziendale. Un delegato ha accusato addirittura di aver appreso le notizie dai giornali.
La memoria richiama quindi inevitabilmente al salvataggio dell’ACC di Mel, tragica ironia della sorte proprio per mano di un gruppo cinese, la multinazionale Wanbao. In quell’occasione scesero in campo pezzi da novanta come l’Assessore Regionale Elena Donazzan che caldeggiò anche la nomina dell’Amministratore Straordinario nella persona dell’On.Maurizio Castro che, prendendo l’impegno con la dovuta serietà e non con la consueta “formalità”, permise di salvare baracca e burattini che tradotto in gergo industriale significa produzione e posti di lavoro.
Ci saranno gli spazi anche in questa occasione? Come stanno agendo le istituzioni locali, Provincia in primis al quale sono delegate (anche dopo il riordino) le materie del lavoro?
Il problema è ovviamente più ampio e sarebbe ingeneroso scaricare il fardello su regione ed enti locali.
L’azione degli enti è curativa, in alcuni casi palliativa. La malattia è endemica e deve essere curata ai piani alti.
L’Italia è la seconda nazione manifatturiera d’Europa. Qual è la strategia nazionale per la tutela degli asset industriali fondamentali? Quale il sostegno per il mantenimento delle produzioni di eccellenza? Quali le ricette per evitare lo shopping da parte di gruppi stranieri che, slegati dal territorio, alle prime difficoltà fanno le valige lasciando sulla strada centinaia di famiglia?
Come quindi intende la nazione Italia tutelare l’interesse nazionale in campo industriale, segmento che ci ha resi, unitamente alla millenaria tradizione culturale, grandi nel mondo?
La speranza, per il nostro settore e per la nazione intera è che nessuno si faccia incantare con le bufale della deindustrializzazione a favore del turismo e dell’accoglienza. Chi ci vorrebbe un popolo di lavapiatti e camerieri stagionali (con rispetto parlando) è concorrente dell’Italia e vorrebbe acquistare per una miseria i nostri migliori asset!
Il turismo cuba l’8% del PIL. Anche lo triplicassimo il restante 70% chi lo compenserebbe?
Quindi avanti con l’industria, possibilmente nazionale, con produzioni ad altissimo livello tecnologico, eco-compatibili e rispettose dell’impiego, che richiedendo una sempre maggior specializzazione dovrà essere giustamente retribuito.

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Foto da “Il Mattino” di Padova

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