Una nuova ricerca scientifica pubblicata sulla rivista internazionale Nature ha confermato che la regione della Cina orientale si è resa responsabile di massicce emissioni di CFC-11.
Nello specifico, viene affermato che l’aumento del 40-60% delle emissioni globali dal 2012 può essere attribuito alle province di Hebei e Shandong, nonostante questo gas ozonolesivo faccia parte di un gruppo di inquinanti vietati dal Protocollo di Montreal del 1987.
Le conclusioni a cui è giunto questo studio avvalorano le informazioni ottenute dall’Environmental Investigation Agency già lo scorso anno.
La nuova analisi si basa su dati atmosferici registrati in Corea del Sud e Giappone per localizzare le emissioni con più precisione rispetto allo studio dello scorso anno, che per primo fece scattare l’allarme su un inspiegabile aumento globale delle emissioni di CFC-11 provenienti dalla regione orientale dell’Asia.
La ricerca dell’Università di Bristol ha rilevato che dopo il 2012 le emissioni di CFC-11 nell’entroterra della Cina orientale sono cresciute di 7.000 tonnellate all’anno, equivalenti a più di 33 milioni di tonnellate di CO2 equivalente di emissioni provenienti dall’est Asia.
Ricordiamo che il CFC-11, noto anche come triclorofluorometano, è un gas chimico impiegato principalmente nei frigoriferi. Una volta rilasciato, può rimanere in atmosfera per cinquant’anni. Viene distrutto solamente nella stratosfera, dai 9 ai 18 chilometri sopra la superficie terrestre, quando le molecole di cloro creano una serie di reazioni chimiche distruttive per lo strato di ozono.