
Il 2020 ha registrato un altro record negativo, questa volta relativo all’estensione del buco dell’Ozono sopra all’Antartide, che ha sfiorato i 24,8 milioni di Km2. Il ritorno alla normalità, solo nel 2060.
Il picco è stato raggiunto il 20 settembre, per poi richiudersi come di consueto a fine dicembre: record non solo per quanto concerne le dimensioni, quindi, ma anche la durata, un altro campanello di allarme per la situazione.
“Nel 2019 le cose erano andate meglio“, ha ricordato Oksana Tarasova, a capo delle Atmospheric Environment Research Division dell’OMM – Organizzazione Meteorologica Mondiale “Proprio le ultime due annate dimostrano l’eccezionale variabilità del fenomeno aiutandoci a capire le cause che lo determinano“.
La distruzione dell’ozono è direttamente legata alla temperatura della stratosfera (lo strato atmosferico tra i 10 e 50 chilometri di altezza): le nubi stratosferiche, di notevole importanza nella distruzione del prezioso gas, si formano soltanto ad una temperatura inferiore a -78°. Le nubi contengono dei cristalli di ghiaccio che possono favorire la distruzione appena l’arrivo della maggior luce solare della stagione innesca reazioni chimiche tra i componenti, i famosi clorofluorocarburi immessi dall’attività umana. Questa è la principale ragione per cui il buco nell’ozono si manifesta solo tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera antartica.
Quando la temperatura nella stratosfera inizia a salire in primavera, il vortice polare che circola sul polo inizia a indebolirsi fino a interrompersi, e il buco si chiude quindi dicembre, ripristinando una condizione normale. Nel 2020 il vortice polare freddo è rimasto più stabile del solito, mantenendo le temperature basse dello strato di ozono più a lungo sopra l’Antartide e impedendo l’arrivo di aria più calda.
Dopo il Protocollo di Montreal nel 1987, che ha stabilito una progressiva diminuzione nell’immissione dei gas nocivi per l’ozono, la situazione ha iniziato a migliorare: secondo gli esperti dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, l’andamento e il recupero è positivo e si prevede un potenziale ritorno dei valori normali dell’ozono entro il 2060
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