La “Giornata Mondiale dell’Ambiente” e la lotta tra Europa e Stati Uniti per la salvaguardia del pianeta

28643-stati-uniti-unione-europea-bandieraExpo2015 è stata scelta dalle Nazioni Unite per celebrare la “Giornata dell’ambiente“. Proprio in occasione del grande evento mondiale sono emerse le profonde divisioni, anche sul piano ideologico, che dividono Europa e Stati Uniti in materia di salvaguardia del pianeta.
Lo scontro accesosi in occasionedella lettera, inviata proprio alle Nazioni Unite dalle sei principali compagnie europee del settore petrolio e gas naturale (Bp, Shell, Eni, Bg Group, Statoil e Total), che richiede un piano per la riduzione dell’effetto serra incentivando metano e rinnovabili, ovvero penalizzando le emissioni di C02, lancia una pesante opa sulla buona riuscita dell’accordo alla conferenza di Parigi Cop21 sui cambiamenti climatici.
La posizione italiana, ed europea,“è tesa alla riduzione di almeno il 40% delle emissioni di anidride carbonica e il raggiungimento del 27% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2030”, ha precisato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. ”Expo ha messo al centro il tema fondamentale dell’ambiente, dello spreco del cibo e della tutela del territorio. Puntare sull’ambiente significa curare il pianeta e queste cure non sono più rinviabili.”
Ovviamente di parere contrario, e quindi non allineato alla conversione sulla via green dei produttori europei, la posizione delle compagnie statunitensi che per voce dei due principali produttori petroliferi, Chevron e Exxon, bocciano in toto le richieste, bollandole come non realizzabili e lontane dalle esigenze dei cittadini che richiedono solo di affrontare minori costi per l’energia. Una nota diramata da Rex Tillerson, Chief Executive di Exxon attacca duramente la politica europea consigliando al vecchio continente di intensificare le operazioni di fracking (che ha impatto ambientale simile al carbone e secondo l’United States Geological Survey, l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti, centuplica il rischio terremoti) e di interrompere il processo di smantellamento del nucleare che andrebbe invece, a sua detta, intensificato.
Due visioni del mondo quindi completamente opposte. Da un lato le produzioni di qualità, la tutela del lavoro e del pianeta e dall’altro il profitto che non ritiene di piegarsi nell’adozione di guarentigie per le popolazioni interessate e per la salvaguardia del pianeta.
Posizione da considerarsi oggettivamente arretrata anche nei confronti dei colossi asiatici emergenti. La Cina infatti – dichiarano Caio Koch-Weser (vice presidente di Deutsche Bank e presidente del consiglio direttivo della European Climate Foundation) e Paul Polman (amministratore delegato di Unilever e presidente del World Business Council for Sustainable Development) – è diventata il principale investitore in tecnologie di energia pulita».
L’avvertimento che proviene da parte di economisti di primario livello, inseriti a pieno nel gotha della grande industria mondiale, quindi non ambientalisti radicali, fa riflettere sulla necessità di un cambiamento netto di rotta.
Per tentare di fermare il surriscaldamento globale dobbiamo rassegnarci a non utilizzare le riserve di combustibili fossili ancora a disposizione. Quindi pochissimo petrolio e carbone, limitato uso del metano.
Una battaglia che ovviamente dovrà portare colossi energetici e stati produttori a convertire gradualmente le proprie economie, indispensabile, tuttavia, per la salvezza del pianeta.

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